Sviluppo industriale, il Mimit progetta il piano pluriennale
Il piano Transizione 5.0 è terminato sfiorando il ridicolo. Se da un lato l’Italia ha avuto, per alcuni aspetti, le mani legate con l’Unione europea a causa dei fondi che arrivavano da Next Generation EU e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), dall’altra, le imprese non hanno trovato terreno facile sulle applicazioni per aggiudicarsi gli incentivi. In quest’ultimo caso sono note le lungaggini al via libera e, successivamente, le complicazioni burocratiche che hanno demoralizzato le stesse aziende sulla richiesta dei fondi. Ecco perché si può, a ragione, considerare il piano un flop. Ma ora si vede la luce in fondo al tunnel.
Di recente il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) ha accelerato sulla riformulazione degli strumenti a sostegno dell’industria: dall’aggiornamento degli allegati tecnici alla proposta di trasformare la misura in una politica pluriennale, fino alla volontà di rinunciare al tradizionale decreto interministeriale per far partire già la richiesta degli interventi attraverso la piattaforma Gse, dal 1 gennaio 2026.
Le anticipazioni sono arrivate da Marco Calabrò, Capo del Dipartimento per le Politiche per le Imprese, impegnato nella rimodulazione delle norme e della loro traduzione in provvedimento, durante l’evento dal titolo “Finanziare l’innovazione: strumenti, strategie e opportunità per le imprese nel 2026“, tenutosi presso il MADE Competence Center Industria 4.0 di Milano. La partita, però, si gioca nella legge di Bilancio 2026 e, soprattutto, sulla copertura di queste misure.
Pluriennalità e regole di allocazione
Calabrò ha confermato l’intenzione di partire con un nuovo piano di misura pluriennale: si parla di un orizzonte di almeno biennale, quindi a tutto il 2027, ma il Capo del Dipartimento per le Politiche per le Imprese ha lanciato l’ipotesi di considerare anche il 2028. L’obiettivo è dare alle imprese la certezza necessaria a programmare investimenti e richieste. Gli imprenditori dovrebbero esultare dato che, fin dal 2017, all’indomani del ben più fortunato piano Industria 4.0 che nel 2016 diede davvero una boccata d’ossigeno alle imprese, avevano sempre richiesto una manovra di sviluppo pluriennale.
Tuttavia, la scelta pluriennale ha un costo: “Dovremo reperire risorse aggiuntive”, ha spiegato Calabrò. Ci saranno dunque inevitabili impatti su alcune regole di allocazione e sulla capacità di coprire tutte le spese delle imprese interessate. Per questo motivo, l’esponente del Ministero ha confermato che sono in corso anche aggiornamenti tecnici degli allegati A e B, fermi al 2016, con parte delle novità rivolte al mondo software (sostenuti grazie all’Iperammortamento 5.0) e all’elenco delle operazioni ammissibili.
Addio al decreto interministeriale? Partenza accelerata
Una delle novità più rilevanti è poi la volontà di evitare i tempi lunghi del decreto interministeriale: lo schema, secondo il Dipartimento per le Politiche per le Imprese, rallenta troppo l’operatività. L’obiettivo è rendere la misura immediatamente disponibile attraverso la piattaforma GSE, con una data di avvio pratica fissata, se l’iter lo consentirà, già al 1 gennaio 2026. Tra gli aggiustamenti tecnici più concreti c’è la proposta di allungare la cosiddetta ‘coda alla consegna’ da sei a nove mesi, spostando il termine pratico delle consegne per beneficiare degli inventivi, da giugno a settembre 2028.
La logica è semplice: gli ordini richiedono più tempo di quanto ipotizzato in origine – componentistica, tempi di installazione e Supply chain hanno bisogno di una finestra più ampia – e allungare il periodo di consegna è necessario per evitare che progetti validi restino fuori per ragioni temporali. Tutto questo sarebbe ipotizzabile nel caso in cui la copertura fosse biennale, quindi per ordini effettuati entro il 31 dicembre 2027.
Tra le parti più delicate del piano c’è infine la formazione. Se da una parte la linea Industria 5.0 era prevista come una delle tre direttrici principali, i segnali di domanda sono modesti: “Quasi nessuna impresa ha chiesto risorse per la 5.0”, hanno evidenziato dal Ministero. Al contrario, si è registrata una forte domanda quando la formazione è stata estesa ai percorsi formativi interni e alla riqualificazione delle competenze. Il punto critico è chi deve erogare la formazione: serve personale e strutture qualificate. I Competence Center sono stati indicati come soggetti idonei a trasmettere le informazioni e a formare, e il Mimit dovrebbe garantire una linea specifica di finanziamento per sostenere questi percorsi. Tuttavia, la scarsità di richieste su alcune linee e la necessità di standardizzare qualità e competenze rimangono una preoccupazione aperta.
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